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Post-covid

I discorsi di questi giorni sembrano analizzare gli stati attuali o del recente passato come se fossero una scelta, come se aumentare la dad fosse per gusto e non per abbassare il carico sui trasporti, e non si colgono invece quei segni di novità, anche piccoli, che erano già presenti nel passato pre-covid e che l’emergenza, l’inatteso, come dice PC, ha solo evidenziato a chi non voleva vederli (e comunque riesce a non vederli). Segni/semi che ci segneranno il futuro.

  1. Autonomia degli studenti e ruolo dell’attività. Anche gli insegnanti che stimo e con cui mi sto confrontando sottolineano le deficienze accumulate in questi mesi (che sicuramente ci sono) e non vedono (o se sono onesti se ne accorgono e si meravigliano) cosa invece gli studenti hanno acquisito: cercare di lavorare in autonomia, muoversi su problemi realmente autentici, operare su processi pratici e su contesti informali. E’ possibile fare cose nel mondo che a scuola utilizzerebbero modalità vicarianti. Scoprire che il vicariante non sostituisce le pratiche ma garantisce anticipazione e riflessione post permette di creare una nuova e differente sinergia tra scuola/università e mondo. Sembra invece che affermare che certi apprendimenti avvengono anche senza scuola significhi decretare l’inutilità della scuola (e che l’università senza roboanti lezioni signfichi no università!). Stanno lavorando sul riempire i vuoti e non sul valorizzare i pieni. Sembra che la scuola debba giustificare se stessa e la sua necessità, quando il COVID  ha rotto l’eterotopia scuola-mondo e ha aperto nuovi spazi sia all’autonomia degli studenti, sia alla scuola come ristrutturatrice di processi e concetti, come spazio di riflessione e debriefing. Ha differenziato e arricchito un mondo un tempo più omogeneo.

  2. La scuola come spazio di socializzazione. Altro aspetto: gli studenti hanno rivalutato la scuola, da obbligo a spazio di vita. Accorgersi che la scuola può non esserci, ha permesso di capire che forse è anche bello che ci sia. Una nuova motivazione.

  3. Una riflessione sulle emozioni, sulle debolezze e incertezze. Superare l’eterotopia ha portato anche tener conto in modo non folcloristico dei vissuti emotivi degli studenti.

  4. Un nuovo rapporto scuola famiglia. Anche in questo caso ha aumentato le possibilità, distinti i ruoli, arricchito le specifiche prospettive. La famiglia ha valorizzato la professionalità della scuola. La scuola ha dovuto riflettere sulla partecipazione della famiglia ai processi formativi. Verso una nuova alleanza tutta da costruire con specifiche competenze da ambo le parti.

  5. Le tecnologie come aggregatori. Le tecnologie permettono il superamento dell’etorotopia, ovvera dei mondi separati, collaborano a connettere e far dialogare mondi, esperienze e relazioni. Connettere l’anticipazione con il vissuto e con la riflessione. Superare le fratture spazio-temporale e far dialogare spazi formali e informali.

  6. La progettazione. La frammentazione che ne emerge richiede maggiore professionalità e progettazione. I percorsi didattici non possono essere più solo pensati, ma supportati da una progettazione esplicita (ovvero reificata) e visibile (ovvero condivisa con studenti e famiglie). Flessibile nelle risorse e determinata nelle forme. Un supporto a ricostruire sensi e significati in un processo ampio e personalizzato. Aiutare a prevedere e a fare debriefing, senza costrizione, ma spazio di liberazione.

Una visione strategia che oggi è urgente ripensare il mondo perchè l'emergenza non è dal virus, ma il virus ha fatto esplodere una crisi che già era presente ed era ecologica, sociale, economia e morale.

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