Colloquio clicnico

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Lo strumento principe per far emergere ciò che gli studenti pensano è il “colloquio clinico” ovvero un colloquio non valutativo e non informativo durante il quale il docente pone una serie di domande allo studente, apparentemente neutre, grazie alle quali lo studente esplicita idee che possiede sull’argomento e di cui spesso non aveva consapevolezza. La domanda iniziale può essere anticipata da un video, da un’immagine o dalla narrazione di una situazione, e si chiede allo studente di descrivere o spiegare la situazione. Strutturare la domanda iniziale è uno dei passaggi più difficili del colloquio: non deve essere troppo generica, né troppo diretta. Deve collegarsi ai vissuti dello studente e non può fare affidamento solo su elementi linguistici. Dopo la prima domanda il dialogo docente-studente prosegue con domande specchio: cosa intendevi affermando ….? Puoi approfondire? Con tali domande il docente si mostra interessato a quanto lo studente sta dicendo e non effettua mai giudizi o apprezzamenti, né propone soluzioni o informa sui contenuti proposti. La finalità del colloquio è solo quella di fare emergere il pensiero dello studente, di far prendere consapevolezza delle proprie idee. Non ha nessun fine formativo.

La difficoltà nell’individuare la domanda è emersa nella formazione iniziale degli insegnanti e sottende una visione schematica del conflitto spesso presente negli studenti futuri docenti: essi chiedono direttamente cosa sanno gli alunni dell’argomento da indagare successivamente. In diverse occasioni si è notato che la domanda iniziale proposta dagli studenti consistesse proprio nel chiedere il significato del concetto da affrontare, ma questa strada non è sempre valida. Infatti in alcuni casi il concetto potrebbe essere già in parte noto, ma in altri agli studenti è noto il problema che si vuole risolvere ma non il concetto/strumento che si proporrà per risolverlo: in questo secondo caso la domanda da cui partire deve focalizzarsi sul problema e non sul concetto da introdurre.

Non sempre è necessario che il docente ricorra al colloquio clinico per conoscere le idee dello studente. Spesso il docente ha contezza delle concettualizzazioni dei propri alunni ascoltando i loro colloqui, soprattutto in contesti non formali, o le loro domande, oppure analizzando gli errori commessi nelle varie attività. In questo ultimo caso l’attenzione va posta non tanto sulla differenza tra risultato atteso e quello proposto dallo studente, ma sul processo messo in atto dallo studente: l’errore è solo un epifenomeno, che sottintende una procedura o un processo mentale ritenuti esatti dallo studente. Se non si coglie l’origine dell’errore, ovvero il processo che lo ha generato, è impossibile che il problema possa essere superato. La matematica fornisce molti esempi. Affermare che 0,60 è maggiore di 0,6 deriva dalla non comprensione del valore posizionale dei numeri. Se il risultato della sottrazione tra 2,2 e 1,9 è 1,7 - invece di 0,3 -, dove il 7 deriva dal sottrarre 2 da 9, dipende dal fatto che l’alunno per la sottrazione inizia sempre dalla cifra maggiore e non dal minuendo. Nei casi precedenti indicare allo studente solo il giusto risultato non permette di superare il conflitto. In tali casi può essere utile chiedere allo studente di esplicitare la procedura mentre la esegue, attivando il thinking aloud. Vari conflitti sono descritti in letteratura in quanto molti dei concetti, derivando da una lettura errata dell’esperienza, sono socialmente diffusi e condivisi anche in culture differenti. Effettuando una ricerca in rete con la parola chiave “misconceptions” si trovano lunghi elenchi di idee ingenue non corrette. I conflitti sono soprattutto in quelle zone in cui il concetto “scientifico” sembra essere anti-intuitivo, ovvero contrario al senso comune. Il termine misconcezione è criticato nella letteratura attuale; alcuni autori preferiscono parlare di idee ingenue in quanto l’origine del conflitto è comunque l’esperienza, o, meglio, una sua lettura superficiale, e non nascono come concezioni errate. Per il docente è importante cogliere questa differenza perché in base a essa può intervenire sul conflitto (D’Amore, Sbaragli).

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