Frattali. Quando il micro è complesso

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Mandelbort, parlando dei frattali, afferma:

I vari livelli mostrano una caratteristica frattale in cui “quando si guarda sempre più da vicino si riconosce in alcuni particolari ciò che si vedeva globalmente. (…) Anche l’insieme inferiore ha una complicazione fortissima, perché si ritrova nei dettagli ciò che si scorge nel tutto, ma trovando in più delle strutture nuove, inattese” (Mandelbrot, 1989, 25).

Le pratiche che vengono realizzate per la costruzione degli artefatti, soprattutto meccanici, ci parlano di un diverso tipo di complessità: la complessità è il prodotto dell'unione di molte parti elementari, omogenee, non-complesse. Ad esempio possiamo analizzare un veicolo stradale. Ci appare come composto da tanti elementi e i più piccoli, ad esempio viti e bulloni, sono ogggetti omogenei e non riducibili, se non perdendo le loro caratteristiche. Tale struttura suggerisce una modalità di lettura ovvero è possibile scomporre un oggetto macro nei suoi elementi costituenti che sono monotòni. Comprendere il macro è possibile scomponendolo nei suoi elementi costituenti.

I frattali sono diversi: anche riducendo la zona osservata il livello di complessità non diminuisce e nel micro ritroviano la complessità del macro, a livelllo geometrico le stesse figure e strutture. Tale caratteristicva appartine e molti sistemi complessi. La cellula, l'atomo, i singoli componenti dell'atomo presentano complessità pari se non maggiori degli organi in cui sono collocati. La stessa attenzione sugli automi miopi sottolinea il ruolo che hanno ovvero è spesso in loro la scelta che contribuisce alla complessità del sistema. In tal caso comprendere non significa separare e poi analizzare gli elementi costituenti, essendo essi inseparabili. Conoscere diviene allora cogliere le relazioni tra elementi che sono presenti nel sistema e che danno il senso del sistema.

Se spostiamo l'attenzione sul sistema educativo e proponessimo per lo stesso una struttura frattale potremmo chiederci sei processi di durata minore abbiano una struttura complessa ovvero presentino a livello micro le interazioni che caratterizzano il sistema nel suo complesso. In altri termini dovremmo verificare se ogni livello micro contiene una dimensione o se in ogni livello micro sono presenti più dimensioni e il senso del sistema è dato non dalla singola dimensione, ma dall'interazione tra le dimensioni.  In sitesi se occorre analizzarli non come oggetti omogenei ma come oggetti che presentano al loro interno delle ambiguità irresolvibili nel senso di non separabili.

Già Pacler, poi ripreso da Rivoltella, parlava della centralità del micro-learning come di un dispositivo chiave auto-consistente per il processo educativo.

Più volte abbiamo rieptuto che solo nell'azione didattica i fili e le dimensioni si incontrano, si intrecciano e dialogano, mentre nel macro possono essere analizzati separatamente: i nuclei epistemologici e le competenze, la dimensione disciplinare, quelle inter e intra-personale.

Nel micro la scomposizione è ancora più difficile che nel macro. mentre nel macro le varie dimensioni hanno caratteristiche date e ben identificabili, nel micro interagiscono continuamente e più si analizza l'atto minimimo e più si vede qualcosa di indistinto e di ibrido. Come i colori del tramonto quando nette e giorno si incontrano.

E' possibile in alcuni casi effettuare attività solo (soprattutto) disciplinari, ma solo perchè riduciamo la complessità del compito, si scelgono compiti lineari, gli esercizi. In tal caso non si attivano i saperi pratici e gli stessi apprendimenti si riducono a conoscenze e a procedure. 

Complessi e irriducibili sono le attività che compongono le sessioni e i processi. E' possibile scomporre i processi più ampi in micro-processi, ma il singolo micro processo presenta una complessità altra e intreccia sempre saperi connessi a oggetti culturali e saperi pratici. Non si arriva mai a un oggetto che presenta solo uno dei due elementi o una delle tre dimensioni della didattica, altrimenti si perda il senso stesso del processo.

Tutto ciò incide sul modo di approcciare la ricerca e i processi formativi.

Nella ricerca se si attivano metodologie riduzioniste si modifica il sistema e si arriva a conclusioni inutili per comprendere il sistema. Come detto esistono anche processi meno complessi, ad esempio quelli sottesi agli esercizi, ma sono altre tipologie di processi e le conclusioni che possono essere tratte da essi  non sono generalizzabili ai sistemi complessi.

Per la formazione la conclusione è la stessa: se si attuano processi riduzionisti si modificano le finalità stesse del processo educativo. Posso (e spesso debbo) focalizzare l'attenzione su conoscenze e procedure, ma poi se si affrontano compiti complessi emergono altri problemi connessi alla curvatura della conoscenza sul contesto e dei saperi pratici sulle consocenze disciplinari. La soluzione in quei caso deriva dal dialogo tra saperi pratici e saperi disciplinari e dalla interazione tra i due. 

Va infatti sfatata la visione che i saperi disciplinari siano solo dei saperi strumento, ovvero che vengano applicati in modo quasi meccanico alla situazione. Tale visione è ancora frutto di un'ottica riduzionista. Nei processi i saperi disciplinari permettono di cogliere gli elementi del contesto e viceversa l'analisi del contesto favorisce una riorganizzazione delle struttura disciplinari.

In sintesi i processi sono un sistema complesso in cui dialogano saperi e dimensioni diverse. Possono essere colti, ma non separati. E' possibile lavorare sui singoli saperi e dimensioni, ma apprendiamo procedure. Poi spesso nei processi pensiamo di applicarle e in certi casi avviene questo, ovvero attuiamo delle routine automatiche. Ma nel cuore del processo, ciò che lo rende complesso e generativo è quasi sempre una interazione profonda che curva conoscenze e procedure sui saperi pratici e i saperi pratici sulle conoscenze, rendendo iompossibile processi riduzionisti.

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