Gestire la complessità

[indice]

Approccio semplesso

Evocare la complessità e l’evento sono spesso una forma di giustificazione (Sibilio, 2019) e pertanto crediamo che il problema vada rovesciato: la complessità e l’evento fanno parte del conteso attuale. Come affrontarli?

2.1 Complicato e complesso

De Toni e De Zan distinguono complicato da complesso.

Partiamo dalla radice del termine complesso che deriva dal latino complexum ovvero con nodi o intrecciato. Complesso non è complicato. Complicato contiene la parola latina plicum, che richiama la piega del foglio. Il complicato deve essere spiegato per poter essere compreso, mentre il plexum è l'intreccio come quello di un tessuto che non si può sbrogliare senza che perda la propria natura, la visione d'insieme. È come scindere la trama dall'ordito, si perde la bellezza dei loro intrecci, l'emergenza del disegno di un tappeto. Si può certo fare, ma poi come ci si spiega il disegno finale del tappeto partendo da elementi costituenti, ovvero i fili di lana? È la relazione fra i fili e la mente che li lega insieme a dar origine al disegno finale. La complessità e figlia dell'interdipendenza, dell'interconnessione fra le parti, della connettività utilizzando il nome datole da Ashmos et al. (2002) (De Toni & de Zan, 2015).

Complicato e complesso richiedono due modelli diversi di agire e di progettare. Il complicato presenta la situazione lontana dalla zona di sviluppo prossimale dello studente e il docente può scegliere se non affrontarlo o “spiegarlo”, per collocarlo nella zona di sviluppo prossimale. Il complesso richiede invece vivere l’intreccio dei fili, delle connessioni che lo strutturano e, a scuola, accompagnare lo studente nella costruzione di una rete di significati che permettano di esplorarlo senza annullare la complessità. Nel complicato lo docente struttura i contenuti, spiega, e rende lineare la loro trattazione, nel complesso predispone un dispositivo per attivare l’interazione e coglie le relazioni senza distruggere la trama. Ritorna il concetto di resilienza introdotto nel primo capitolo e del ruolo della relazione per affrontare il disagio (Millicam & Middleton, 2020).

2.2 Gestire la complessità

Una delle risposte più convincenti per gestire la complessità è fornita dalla semplessità, che deriva le sue indicazioni dall’osservazione del modo con cui la natura risolve le situazioni problematiche.

Berthoz (2011) individua delle proprietà degli esseri viventi che “permettono di elaborare molto velocemente, in modo elegante ed efficace, situazioni complesse, tenendo conto dell’esperienza passata e anticipando il futuro” (5).

Berthoz parla di proprietà per elaborare le situazioni complesse: esse “permettono di mantenere o privilegiare un senso, anche a costo di fare una deviazione” (ivi, XI).

La semplessità è ciò che dà senso alla semplificazione, visto che le soluzioni semplesse sono guidate da un’intenzione, da un fine, di una funzione. Il fondamento del senso è nell’atto stesso: il senso non è applicato alla vita, è la vita stessa. Il concetto di semplessità include, nella mia mente, la nozione di senso. Elaborare una teoria della semplessità significa dunque elaborare una teoria del senso, definendo questo termine, restituendogli come fondamento l'atto possibile intenzionale o l’atto desiderato (ivi, 21).

Ma cos’è il senso di un’attività, di un modulo, di un curricolo? Innanzi tutto cosa non è: non è identificabile sempre e tout court con l’obiettivo, con la finalità, con il contenuto, non è né il risultato di un’azione, né la sua premessa. È la logica con cui operano gli attori e che connette le varie attività effettuate; essa non esiste senza la consapevolezza degli attori.

Studi provenienti anche da altri settori ci aiutano a comprendere il significato di senso, che sembra molto familiare, ma che poi sfugge non appena si cerca di esplicitarlo. Il senso è il disegno di un tessuto che si coglie solo con uno sguardo distanziato, ma che è prodotto localmente dall’intreccio tra trama e ordito. Studi recenti forniscono una visione dinamica e auto-poietica di senso. Per Verganti progettare e innovare è assegnare un nuovo senso, è proporre visioni, individuare delle direzioni significative tra le molte possibili (Verganti, 2017, 54).

Il senso crea la relazione che lega i fili presenti: è prodotto da una struttura complessa e dalla presenza di una consapevolezza individuale e collettiva. Ma è anche ciò che rende una data attività/percorso speciale o la rende necessaria; quel qualcosa per cui l’attività svolta ha valore, qualcosa che per il soggetto dà valore alla propria vita, fa sentire la propria esistenza dotata di valore (Verganti, 2017, 39).

Nel contesto attuale l’agire del docente si muove nella complessità e prevede l’evento come motore dei processi didattici.

Si tratta di co-evolvere con l’ambiente. I sistemi complessi sono sistemi aperti dove l’energia, la materia e l’informazione si riorganizzano di continuo, in funzione del contesto in cui si trovano (De Toni & De Zan, 2015, 111).

De Toni e De Zan (2015) sostengono che, in ambiti produttivi, quando le situazioni erano semplici, le strategie potevano essere complesse. Ora che la realtà presenta livelli di complessità maggiore richiede strategie semplificate. “Le organizzazioni brillanti hanno sviluppato un nuovo approccio: poche regole chiare e rapide che definiscono la situazione strategica senza confinarla” (ivi, 104).

Gli autori fanno riferimento agli studi di Reynolds (1986) sugli stormi, quegli uccelli che formano figure complesse e sempre diversi nei cieli autunnali di molte città. Reynolds considera che non esistano complicate regole generali o esterne che producono le figure complesse, ma che il comportamento di ogni uccello sia determinato da tre semplici regole: (1) evitare le collisioni con i vicini e con gli ostacoli (Separazione); (2) adeguare gradualmente la propria velocità a quella dei vicini (Allineamento); (3) avvicinarsi progressivamente ai compagni circostanti (Coesione). Ogni uccello è un automa miope che organizza e riorganizza continuamente la propria traiettoria determinando la composizione di figure complesse. Quando arriva un evento, ad esempio un predatore, la presenza di poche regole permette di rispondere velocemente, efficacemente e non cadere nel panico. Il progetto degli stormi è costituito da un senso, sopravvivere, e da poche regole, le tre precedenti, e questo permette sia di affrontare l’evento, sia di costruire in contesto forme complesse, sempre diverse e imprevedibili. L’imprevedibilità delle forme non deriva da assenza di progettazione, ma da una progettazione che fornisce le linee guide per l’azione senza prefigurare le figure disegnate e nel cielo. Fuori di metafora, in ambito educativo, la progettazione fornisce indicazioni per l’azione, più che prefigurare le configurazioni finali che sono co-costruite nel percorso.

Più il sistema è complesso e minori debbono essere le regole da seguire così come più flessibili debbono essere le procedure (Berthoz, 2011; Verganti, 2008; 2017; De Toni & de Zan, 2015). De Toni e De Zan (2015) propongono la modularità come soluzione strategica per la complessità, regole semplici come soluzione gestionale, in quanto troppe regole riducono le prestazioni, le capability organizzative come soluzione organizzativa. In particolare le capability dinamiche per un sistema richiedono (1) percepire e definire le opportunità e le minacce; (2) individuare le risorse disponibili; (3) riconfigurare il sistema. Per Berthoz

nonostante la complessità dei processi naturali, il cervello deve trovare una serie di soluzioni e queste soluzioni derivano da principi semplificativi. Esse permettono di lavorare molto rapidamente, in modo elegante ed efficace, situazioni complesse, tenendo conto dell’esperienza passata e anticipando il futuro (2011, 5).

Una soluzione è più semplessa se tiene conto dello scopo nel quale l’organismo è impegnato e se le sue forme fondamentali di attività, lo sviluppo della sua possibile azione, sono tutte presenti nella definizione delle strutture che saranno le più semplici per questo comportamento (ivi, 14). Anche Verganti sottolinea che la soluzione più scelta è quella che offre più senso, quella che aiuta le persone a capire ciò che è meglio per loro, in quanto individui in un mondo complesso e instabile (ivi, 35).

Commenti

Post popolari in questo blog

Le cinque tipologie di apprendimento

Indice - Progettazione come azione simulata

I mediatori tra soggetto e oggetto culturale